IL VALORE DEL DISEGNO E DELLA PITTURA NELL’ARTE IPERREALISTA

Giuseppe Alletto disegno

Lo sguardo nell'atto del disegnare può essere allo stesso tempo olistico e parzialistico.

Il disegno può essere sintetico e analitico.

Dal punto di vista della sua capacità di sintesi il disegnare riesce a cogliere e a svelare la struttura interna o intima della realtà.

Non è un caso che, ad esempio, nonostante l'evoluzione estrema dei sistemi rappresentativi mediante il digitale e mediante l'uso di computer e la conseguente ipertrofia dei sistemi di rappresentazione e moltiplicazione delle immagini, ancora oggi molti disegnatori siano chiamati a disegnare a mano le tavole anatomiche di testi medici e scientifici.

Questo perché l'occhio, in combinazione dinamica con la mano del disegnatore che permette diverse leggerissime variazioni di pressione sul supporto del disegno stesso, rende possibile “sottolineare”, seppur in maniera sottilissima e talvolta non visibile al primo sguardo, alcune parti a scapito di altre.

Potremmo dire che questa caratteristica del disegnare ci riporta a ciò che ho detto precedentemente, ad una caratteristica fondamentale del disegno “tout-court”: la capacità analitica.

Quindi il disegnatore ha la possibilità di definire in alcuni “vettori direzionali”, come direbbe Arnheim, la struttura di un ente reale.

D'altra parte il disegnatore, grazie alla Sintesi, può dare una rapida indicazione del funzionamento di una macchina, delle caratteristiche del movimento di un dato animale o delle peculiarità cinetiche di una specifica persona colta in una determinata situazione o azione.

L'atto del disegnare può divenire una sorta di indagine parzialistica: è questo il caso del “disegno iperrealistico” che sfrutta alcune caratteristiche del linguaggio disegnativo e delle sue componenti primarie, i suoi atomi espressivi quali il punto e la linea, la possibilità di una riproduzione ossessiva dei minimi particolari.

La definizione di iperrealismo viene solitamente usata con poca competenza o certamente con poca accortezza, poiché l'iperrealismo non può essere considerato una macro-categoria nella quale inserire qualsiasi raffigurazione che sia minuziosa o addirittura semplicemente ben fatta o che abbia un certo grado di virtuosismo a fronte di una marea di immagini riprodotte a mano che, pur volendo essere figurative o realistiche, presentano numerose “incertezze” dal punto di vista tecnico.

L’iperrealismo non può essere considerato un calderone in cui inserire qualsiasi cosa ma va considerato, in maniera molto più definita, un movimento artistico dotato di una propria poetica, un proprio pensiero, partecipe anch'essa della generale vocazione concettuale dell’espressione contemporanea nonostante i proclami di rigetto del puro concettualismo o di presunti richiami al rinnovamento della tradizione.

Quando un'opera è semplicemente ben fatta, ma non partecipa della particolare poetica dell'iperrealismo sul quale cercherò di far luce in un altro testo, non può essere considerata iperrealista ma va semplicemente definita come “ben realizzata” e “realista” o “dalla forte vocazione figurativa”. Tornando al tema principale di questo testo vale a dire la differenza linguistica tra disegno e pittura. Il disegno ha la possibilità di trascolorare dalla sintesi fulminea alla lenta e ossessiva analisi del particolare. La pittura, al contrario, è sempre, inevitabilmente, sintetica.

La pittura iperrealista non si può definire propriamente pittura ma andrebbe definita meglio come un “disegno colorato” o come una sorta di evoluzione estrema del puntinismo che da Seurat, e quindi dall’esperienza cosiddetta post-impressionista, si ritrova in alcuni protagonisti dell’iperrealismo.

La pittura iperrealista non si può considerare pittura né dal punto di vista tecnico né da quello semiotico. La pittura iperrealista non utilizza la pennellata, non utilizza la macchia per raggiungere i propri risultati voluti. La pittura iperrealista, come ho accennato precedentemente, utilizza il punto. Quasi sempre si tratta di dipinti il cui disegno è una sorta di espansione di una fotografia in bianco e nero. La fotografia che farà poi da base al dipinto viene previamente realizzata con tecnica di messa a fuoco e di illuminazione specifiche per dar vita a una riproduzione Iper-realistica di tutti i caratteri minuziosi di un volto.

Queste foto vengono proiettate e, successivamente, vi si “dipinge” sopra. Non si tratta però di un vero dipingere bensi di un “colorare il disegno”.

E quasi sempre si colora mediante l’apposizione sulla superficie di minuscoli puntini di colore che vanno poi a dar vita all’immagine cosiddetta iperrealistica.

Si tratta quindi quasi della stessa tecnica utilizzata da Seurat ma portata all'estremo e con un eccessivo debito nei confronti della fotografia.

La pittura vera è quindi quella pittura che si basa sulla macchia, sulla pennellata.

La pittura non è mai un disegno colorato ma è un disegnare e un colorare al tempo stesso. In che senso disegnare e colorare insieme? La pennellata apporta del colore e deve sempre tenere conto della parvenza coloristica della realtà anche quando il dipinto è in bianco e nero. D'altra parte le pennellate accostate le une alle altre, una sopra l'altra, una a sfumare l'altra, eccetera … finiscono per costruire le cosiddette masse.

Le masse sono, in un certo senso, una visione sintetica della realtà. Più queste pennellate sono larghe più la pittura appare appunto “sintetica”.

Più queste pennellate sono sottili, sfumate l'una nell'altra, diversa l'una dall'altra nello spazio di pochi centimetri all'interno del campo pittorico, più la pittura apparirà analitica.

Anche se mai la pittura potrà apparire analitica quanto un disegno. Sul versante della Sintesi la pittura potrà apparire sintetica come un disegno solo se ad esempio si scelga di disegnare con un pennello imbevuto nel nero o in un solo colore, tecnica molto affascinante che ha anche un qualcosa di orientale e che io stesso ho impiegato in diversi esperimenti che ho realizzato all’età di 12-13 anni durante gli inizi del mio apprendistato artistico.

Nonostante la forza suggestiva dei risultati che questa modalità può raggiungere, si tratta di un “disegnare con i pennelli” e non di Pittura vera e propria per le ragioni tecnico-semiotiche che ho già detto in precedenza.

Il disegno, quindi, è una vera e propria tecnica estrema perché, a differenza della pittura, può raggiungere il massimo della sintesi da un lato e dall'altra il massimo dell'analisi minuziosa.