Il Viaggio dell'Eroe - Intervista di Tecla Azzarone a Giuseppe Alletto
Tecla Azzarone Ciao a tutti e benvenuti al sedicesimo appuntamento di Incontri d’Arte, programma che mette in contatto i professionisti del mondo dell’arte e della cultura con il grande pubblico di Instagram. Incontri d’Arte si svolge due giorni a settimana, salvo imprevisti, il martedì e il giovedì alle 18:30. In ogni puntata avremo un ospite diverso, che ci parlerà di un progetto, di un tema che gli sta a cuore.
Ho creato questo programma per due motivi. Il primo è raccontare il lavoro dei professionisti del mondo dell’arte e della cultura senza pregiudizi, a prescindere che siano figure giovani o meno; il secondo, che è la parte più importante, è sfruttare al meglio i mezzi che ci concede Instagram per rendere questi incontri interattivi. Quindi, il mio desiderio è quello di intervistare insieme gli ospiti come community, quindi non sono io che parlo all’ospite ma siamo noi, che ci parliamo tutti quanti insieme: io oralmente, attraverso il video, e voi attraverso la sezione dei commenti. Quindi, quando avete delle osservazioni da fare, delle domande, scrivetele, così io posso leggerle all’ospite e fare in modo che vi risponda.
Vi presento l’ospite di oggi. Chi è? Si chiama Giuseppe Alletto ed è un artista. Ha una formazione storico-artistica, quindi si può dire che è uno storico dell’arte, ed è anche un curatore.
Cresce e passa gran parte della sua vita in provincia di Palermo, dove compie i suoi studi. Oggi vive a Milano, ma ha in progetto di spostarsi in giro per l’Europa appena sarà consentito.
Lui è un artista autodidatta. Ha una formazione, infatti, umanistica. Quindi, anche se si avvicina alla pittura e al disegno da giovanissimo e inizia a esporre da giovanissimo, lui non frequenta l’Accademia o il Liceo Artistico, ma consegue la maturità classica con il massimo dei voti, dopodiché si laurea in Storia dell’Arte all’Università di Palermo, sempre con il massimo dei voti e la distinzione della lode. Infatti, nelle sue opere c’è sempre questo forte connubio tra letteratura, cinema e arte e, anche se la sua produzione può apparire abbastanza eclettica, in realtà segue delle linee ben precise, quindi dei principi teorici molto rigidi, da un certo punto di vista.
Allora, che altro posso dire? La sua produzione artistica spazia dal disegno alla fotografia, alla pittura, all’installazione. Oggi ci parlerà di questo. Lui ha, infatti, intitolato questo percorso “Il viaggio dell’eroe”.
Oggi Giuseppe Alletto ci parlerà della sua produzione artistica, che lui ama riassumere in tre atti, che sono molto, molto particolari. Non ve li anticipo perché ve li racconterà lui.
Ciao Giuseppe!
Giuseppe Alletto Ciao Tecla! Buonasera a tutti quelli che ci stanno seguendo.
Tecla Azzarone Giuseppe, intanto io ti saluto. Come va? Tutto bene? So che sei in trasferta a Torino in questo momento…
Giuseppe Alletto Beh, sì, diciamo abbastanza bene. Sì, giornata calda ma come sempre produttiva.
Tecla Azzarone Ok, dicono che ci vedono bene. Allora iniziamo!
Volevo chiederti: come mai hai voluto intitolare il tuo percorso artistico “Il viaggio dell’eroe”?
Giuseppe Alletto Diciamo…più che altro è questa intervista che mi piaceva intitolare in questa maniera. Naturalmente, in questo titolo ci sono diversi riferimenti, che riguardano sia un po’ la visione della mia arte, sia un po’ l’arte e la narrazione in generale. Diciamo che innanzitutto prende spunto da un’idea che era già di linguisti, come ad esempio Karl Propp ed altri autori, per cui in ogni storia, in ogni narrazione, anche in quella non-eroica – potremmo dire così – anche nelle narrazioni semplici, quotidiane, borghesi, c’è sempre un personaggio, un protagonista che attraversa alcune tappe e che, quindi, dal punto di vista proprio tecnico, scientifico e letterario, viene considerato un eroe, viene chiamato “eroe”. Quindi, in un certo senso, tutti siamo un po’ eroi della nostra storia personale.
Naturalmente, un artista, poi, è anche un eroe per altri motivi, perché diciamo che il lavoro artistico, soprattutto quando si affrontano alcune tematiche, relative ad esempio alla psicologia o all’antropologia, come nel mio caso, qualsiasi percorso artistico diventa una sorta di attraversamento dei propri “inferi”, potremmo dire così. Quindi, sempre per utilizzare una metafora che a me piace, una metafora mitica ma che è anche psicanalitica, ogni artista si offre al drago, ne attraversa le fauci, per così dire, poi ne esce vincitore uccidendo il drago, quindi uccidendo le proprie paure (che poi sono anche le paure dell’intera umanità) e poi ne esce fuori, diciamo, arricchito e come premio, nel caso dell’artista, l’opera d’arte è anche, se possibile, il riconoscimento degli altri uomini, diciamo, del consesso sociale, del consesso umano. Quindi, ecco, il riconoscimento come finale positivo della storia di ogni eroe e artista.
Tecla Azzarone Quindi la metafora dell’eroe si collega anche al fatto che abbiamo anticipato prima, che tu suddividi, riassumi la tua produzione in tre atti. Quali sono questi tre atti?
Giuseppe Alletto Sì, diciamo che questo si riferisce anche a questo, perché diciamo che ogni storia è eroica. E poi, anche, in questo distinguere la mia produzione in tre atti c’è un riferimento alla tragedia greca, quindi a un tipo di narrazione epico, e quindi assolutamente anti-borghese, non legato agli elementi della quotidianità.
Per quanto riguarda, appunto, i tre atti, diciamo che l’idea era quella di affrontare nell’intero corpus delle opere (quindi in tutta la produzione) quelli che sono gli elementi fondamentali della vita dell’uomo sulla terra, poi le conseguenze dell’esserci dell’uomo sulla terra e poi il superamento della dimensione dell’uomo stesso, cioè il superamento della dimensione umana.
Quindi, appunto, il primo atto è quello che si focalizza sui tre nodi fondamentali dall’umano, fondamentali dal punto di vista antropologico e anche dal punto di vista psicologico.
I tre nodi fondamentali dell’umano, come se c’è qualche psicologo in collegamento sicuramente ne converrà, sono l’erotismo, l’aggressività e il rapporto con il sacro, o rapporto con la trascendenza. Quindi, diciamo che il primo atto raccoglie tutte quelle opere che trattano di questi temi, quindi il filone dell’arte eroica, perché diciamo che sono anche un artista che fa arte erotica, da non confondere assolutamente con nessun riferimento fumettistico. Io mi ricollego all’arte, potremmo dire così, tradizionale di soggetto erotico. D’altra parte, l’elemento dell’aggressività è poi rappresentato in dipinti e anche in installazioni, nel caso della mia produzione. E, per quanto riguarda il rapporto con il sacro, va segnalata la serie delle opere sull’estasi e anche una serie di installazioni che ho realizzato con alcuni simboli sacrali. Anche lì, da non confondere assolutamente con riferimenti al cristianesimo. Poi, ho anche realizzato qualche dipinto in cui citavo quella che è la storia dell’arte, che poi non è altro che storia dell’arte cristiano-cattolica, in un certo senso l’intera storia dell’arte lo è. Ma quando io mi riferisco al sacro nella mia produzione, mi riferisco ad una visione – diciamo così – aldilà delle cosiddette “religioni storiche”, quindi più tendente al paganesimo, all’animismo, quindi ad una visione elementare ed estremamente arcaica, antropologica e psicanalitica del senso del sacro.
Tecla Azzarone Ti va di farci magari qualche esempio mostrandoci qualche figura?
Giuseppe Alletto Intanto rimandiamole persone a visionare le opere o nella mia pagina Instagram, che mi potete trovare facilmente come @giuseppeallettoartist, oppure nel sito www.giuseppeallettoitalianartist.com.
Per quanto riguarda, per esempio, l’elemento del sacro, un’opera che ho realizzato è la seguente. Non so se si vede. Sto prendendo quest’immagine da uno dei miei cataloghi cartacei, quindi capisco che la qualità dell’immagine è molto relativa.
In questo caso, questa è un’opera che fa parte della serie delle estasi. È un’opera a carboncino e olio. E diciamo che non l’approfondirei perché sarebbe un discorso a parte un po’ complesso, però basti dire che quest’opera, anche se ripropone una tipica iconografia dell’arte cristiano-cattolica, cioè è un’estasi femminile, come quella di Caravaggio, come quelle di Ribera, come quella di Zurbaràn, quindi tutti pittori dell’antichità, peraltro tutti pittori del 600.
In questo caso, però, vi è un piccolo elemento, come forse avrete notato. Diciamo che colpisce la parte sinistra del sopracciglio del progetto, che indica che ci sia un elemento disturbante. Perché? L’immagine è tratta dallo studio di uno dei primi fisiologi, cioè Duchenne, che è stato un grande fisiologo della fine dell’’800, che sottoponeva – diciamo così – ad alcuni esperimenti, con dei risvolti etici, insomma, assai particolari, che oggi sarebbero inaccettabili, e con però dei risvolti (stranamente) estetici molto interessanti, perché faceva fotografare i suoi soggetti da grandi fotografi. E diciamo che vi è anche questo elemento psicologico perché io ho tratto l’immagine direttamente dalle fotografie degli studi realmente avvenuti…
Tecla Azzarone Dicevi, questo dottore fotografava i suoi pazienti. In che modo?
Giuseppe Alletto Sì, faceva fotografare i suoi pazienti. E, diciamo, la cosa che mi ha colpito è il fatto che, ad esempio, ad alcune sue facenti donne faceva assumere delle posizioni, ad esempio la posizione dell’estasi, che è tipica dell’iconografia pittorica. È chiaro che quest’attenzione estetica che questo medico aveva non è giustificata dalla sua ricerca scientifica, cioè poteva certamente fare a meno di far disporre il soggetto in questa maniera. Quindi, in questo elemento assolutamente irrazionalmente estetico, così pensato – diciamo così – da questo medico vi ho trovato una scintilla di genio, anche se assolutamente amorale, perché, parliamoci chiaro, sottoponeva i suoi soggetti a scariche elettriche sul volto. Questo è il discorso. Però, in questo misto di ricerca psichiatra-fisionomica, elemento estetico, e anche questo sottile riferimento, sostanzialmente, all’aggressività o alla perversione, vi ho trovato qualcosa di interessante che potesse ravvivare in senso contemporaneo un soggetto estremamente classico come quello dell’estasi.
Tecla Azzarone Giuseppe, c’è Neil che ti fa una domanda. Tu perché lo fai? Perché affronti questo tema dell’aggressività?
Giuseppe Alletto Beh, perché il tema dell’aggressività è un tema fondamentale dell’umano.
Una delle mie grandi ambizioni è quella di essere, un po’ come lo era Sam Peckinpah, che è un regista che amo molto, un piccolo poeta della violenza, perché è innegabile che l’aggressività è in noi, sia in noi, e quindi è necessario, proprio per, più che allontanarla, per attraversarla e depurarci da quest’aggressività, è necessario attraversarla. E non si può non attraversare mediante l’arte.
Quindi, diciamo che opere di questo genere, o anche altre, hanno una funzione cosiddetta “catartica” per chi la fa (in questo caso per me), ma, in un certo qual modo, è anche un sevizio che si fa agli spettatori, perché anche in loro vi è l’aggressività. Naturalmente, lo strumento della catarsi, che poi ha trovato la sua massima espressione nella tragedia greca, funziona proprio così: tu guardi un’immagine – per così dire – forte e, appunto, ti liberi, trasferisci su quell’immagine, quasi come se fosse un totem dal punto di vista freudiano, trasferisci su quell’immagine la tua aggressività e te ne liberi. Quindi, in un certo senso, anche questo è uno dei fini della mia arte, cioè liberare, in qualche modo, gli spettatori, se possibile, di alcune delle loro scorie, che sono anche le mie, che sono quelle di tutti.
Tecla Azzarone Ti chiede Grace, se possiamo andare avanti: visto che hai parlato dell’aggressività, se puoi far vedere anche il tema del sacro e dell’erotismo.
Giuseppe Alletto No, diciamo, del sacro era questo, perché qui…
Tecla Azzarone Mettevi insieme sia aggressività, sia sacro…
Giuseppe Alletto Anche perché, come dice Umberto Galimberti, il filosofo, lo spazio del sacro è lo spazio del terribile. Cioè, lo spazio del sacro non è lo spazio della serenità. Assolutamente no. I riti, lo spazio del sacro, è lo spazio in cui noi, appunto, trasferiamo l’aggressività e altre nostre tensioni e le sopprimiamo. Anche da questo motivo dipende il fatto che la stragrande maggioranza dei riti antichi erano pressoché tutti cruenti, anche nella civiltà occidentale. Evitiamo di approfondire.
Tecla Azzarone Approfondiamo il tema dell’erotismo mostrando un’altra immagine, così ci rendiamo un po’ tutti conto della tua produzione.
Giuseppe Alletto Questo è uno dei disegni maggiormente presenti sui miei canali social, quindi lo trovate facilmente su Instagram, o anche chi mi segue su Facebook.
Sostanzialmente, è un’immagine di cosiddetto “dangling”, che in inglese significa “dondolamento”. Sarebbe un tipico gesto femminile, che però io ho interpretato.
Il gesto della scarpa, diciamo del piede che dondola la scarpa, appunto, che è un tipico gesto femminile, chiamiamolo di relax, intanto nella mia produzione ha un senso perché è collegata a una serie di opere che ho intitolato “Distruzione” (“Destruction” in inglese, è lo stesso) in cui, sostanzialmente, la volontà di distruzione e di autodistruzione da parte dell’umanità in senso collettivo è intesa da me, secondo un’interpretazione appunto artistica, almeno fino ad ora non avvalorata dalla psicologia tradizionale…la volontà di distruzione da parte dell’umanità è intesa nella mia serie di opere intitolata “Distruzione” come una forma di feticismo collettivo.
Il feticismo come funziona? Il feticismo si basa sullo spostamento della libido dagli organi genitali a qualsiasi altro oggetto. Esso è inteso in senso collettivo. Quindi l’intera umanità sposta una presunta libido collettiva dalla procreazione alla distruzione e autodistruzione, quindi quasi come se vi fosse una sorta di apocalittica congiunzione tra pulsione erotica e pulsioni di distruzione e autodistruzione, cioè le pulsioni aggressive sostanzialmente.
E quindi, diciamo, questi disegni fanno parte di questa mia serie, dal punto di vista filosofico, dal punto di vista del mio pensiero. Naturalmente, poi, fanno anche parte di tutta quella mia produzione erotica, che peraltro nei social riscuote un ottimo successo. E, a parte questo, diciamo che in questo disegno, poi, proprio nello specifico, con questo dondolamento della scarpa io a volte l’ho intesa anche come una sorta di rappresentazione del tempo, dello scorrere del tempo, in cui, appunto, la scarpa che dondola finisce per essere una sorta di metafora, appunto, del ticchettio, dello scorrere del tempo, e quindi anche di quello che è, come dicevano i greci, la differenza tra tempo Chronos e tempo Aiòn. Il tempo Chronos è il tempo di tutti noi, il tempo degli orologi, il tempo – diciamo così – istituzionale; il tempo Aiòn è invece il tempo psicologico, quello che può ridursi al minimo ma può anche rendere un attimo lunghissimo e infinito, in un certo senso. Quindi mi interessava questo dondolamento, appunto, anche come metafora, perché questa è una cosa che ho sempre amato in alcuni dei miei più amati registi, tra cui il mitico Sergio Leone, cioè quello di rendere un dettaglio, appunto, un qualcosa di mitico, qualcosa che vada aldilà del proprio significato, del becero significato così quotidiano. Ma quindi, anche per esempio il dondolamento di una scarpa da parte di una donna può diventare metafora del concetto del tempo.
Tecla Azzarone Posso leggerti qualche commento e poi passiamo al secondo atto?
Giuseppe Alletto Sì, sì.
Tecla Azzarone Grace dice: “Il feticismo solitamente riguarda i piedi”.
Tu che cosa rispondi?
Giuseppe Alletto Diciamo che io ho utilizzato i piedi in realtà solo come emblema, ma in realtà, da un punto di vista strettamente…cioè, se dovessimo andare da un punto di vista strettamente tecnico, praticamente l’interesse per qualsiasi altra parte del corpo che non siano gli organi genitali può essere tecnicamente considerato una forma di feticismo. Quindi, praticamente, l’erotismo è sempre feticismo. A parte che l’erotismo, dal punto di vista questa volta tecnico, è sempre considerato praticamente una mania compulsiva-ossessiva, perché tu desideri la persona, perché tu ti attacchi – che ne so – a un suo oggetto, oppure un oggetto che è appartenuto alla persona per te diventa caro perché appartiene a quella persona, quindi c’è quasi una relazione magica, una triangolazione tra il soggetto che ama un oggetto che sta in mezzo e la persona amata, e queste dinamiche sono tipiche di un comportamento compulsivo-ossessivo. Quindi, insomma, anche questo, in un certo senso, va a finire dentro la mia arte perché, come si sarà capito, questi tre elementi (sacro, aggressività ed erotismo) sono strettamente legati.
Tecla Azzarone Invece, per quanto riguarda il secondo atto…ah no, aspetta! Ti leggo un commento di Guzzani. “Il feticismo è un universo immenso e tutto a sé”. Sei d’accordo?
Giuseppe Alletto Beh, sì. Diciamo che questo lo dico non perché io abbia…io non ho assolutamente alcuna paura anche di assumere posizioni estreme, ma in realtà la mia arte non è un’esaltazione del feticismo: è un’analisi del feticismo, nel senso che, poi, d’altra parte, detto in maniera proprio vile, se alcuni feticisti comprano i miei disegni perché sono feticisti, oppure mi adorano perché i miei disegni rimandano al feticismo, per me va benissimo lo stesso. Ma, dal punto di vista del perché io ho realizzato questi disegni, non è per un’esaltazione del feticismo, ma è per tutte quelle dinamiche che ho detto inizialmente.
Tecla Azzarone Esatto. Passiamo al secondo atto? Innanzitutto, qual è il secondo atto? Qual è il tema del secondo atto?
Giuseppe Alletto Beh, il tema del secondo atto è, appunto, le conseguenze dello stare al mondo da parte del genere umano e quella che mi sembra essere una potenziale conseguenza dell’essere al mondo dell’umanità, cioè la distruzione.
Quindi, diciamo che è alla seconda fase che appartiene uno dei dipinti più conosciuti tra quelli che ho realizzato, che è il famoso Fungo Atomico. Quindi, a parte quello che ho esposto nell’ultima mostra che ho fatto alla galleria Weber & Weber di Torino, ne ho anche realizzati altri, però in quella mostra ne campeggiavano soltanto due, insomma.
Tecla Azzarone Prima di far vedere il Fungo Atomico, ti leggo solo due commenti.
Grace ti chiede, sempre in merito alle fotografie erotiche dei piedi, se tu hai una modella di riferimento, una modella che tu fotografi e poi realizzi il disegno, per dire.
Giuseppe Alletto Sì, nel senso che a volte li realizzo, come si suol dire, dal vero, cioè con la modella che sta ferma. Ma anche per motivi del fatto che, insomma, molti disegni hanno una gestazione abbastanza complessa e anche duratura. A volte preferisco realizzare la foto e poi fare il disegno.
Tecla Azzarone Giorgio de Silva ti chiede: “Quindi è un’arte di contenuti, non spontanea, enigmatica, la tua?”
Giuseppe Alletto Qui diciamo che mi viene in aiuto il mio maestro ideale e quasi parente Renato Guttuso, perché mia madre è di Bagheria e Guttuso era molto amico di mio nonno. Purtroppo io, per motivi di età, non ho potuto conoscerlo. Ecco, Guttuso, sul fatto dello spontaneo, del non-spontaneo, eccetera, diceva questo: “L’arte deve fluire in maniera spontanea da un uomo non spontaneo”. Cosa significa? Quando ti metti davanti alla tela bianca devi, in un certo senso, come direbbe Carmelo Bene, disimparare, cioè spogliarti di tutte le cose che sai, eccetera. Ma prima devi averle conosciute: l’uomo che dipinge in maniera spontanea, quell’uomo deve essere non spontaneo, cioè deve aver studiato, deve aver visto, deve aver anche vissuto, se possibile. Quindi, poi, naturalmente, la mia ex professoressa di Storia dell’Arte dell’università, la Di Stefano, che studia gli artisti naïve, certamente non sarebbe d’accordo. Ma l’arte naif, tutte quelle cose lì, sono una branca a parte dell’arte e, inoltre, non rappresentano per niente quella che è la mia concezione di arte.
Tecla Azzarone È una delle sue opere che rappresentano la distruzione, che è stata esposta da Weber & Weber a Torino prima del lockdown.
Giuseppe Alletto Come dire? Essendo il dipinto abbastanza grande, visto sullo schermo diciamo che gli facciamo un torno, quindi rimandiamo sempre…
Tecla Azzarone Quanto è grande?
Giuseppe Alletto Da Weber & Weber ce n’erano due: uno era 2,20 m di altezza, l’altro 1,60 m.
Tecla Azzarone È ad olio, vero? Se non ricordo male…
Giuseppe Alletto Sì sì.
Tecla Azzarone È ad olio ed ha delle pennellate molto in rilievo, quindi è un materico. È molto bello da vedere, io l’ho visto dal vivo. Sembra quasi un bassorilievo.
Giuseppe Alletto Sì, diciamo che, dal punto di vista tecnico, non sempre do quest’effetto, perché poi ogni dipinto è un’avventura. Però diciamo che nel caso, ad esempio, di questo dipinto del fungo atomico, quello che ho cercato di fare nello sfondo è dar vita a una pittura – non do chi dipinge tra quelli che mi stanno sentendo – estremamente liscia, cioè una pittura anche molto, per così dire, “annacquata” con la trementina, ecc. Per quanto riguarda lo sfondo. Quindi doveva avere l’effetto quasi di una stampa, nemmeno di un dipinto.
Giuseppe Alletto Invece, nel corpo centrale del Fungo, diciamo che gli elementi più in luce…sono arrivato sino al materico, quindi anche con molte, molte…chiamiamole pennellate, in realtà sono direttamente gettate dal tubetto, quasi come se fosse un pastello a olio. Quindi, in alcuni rilievi del Fungo addirittura non c’è la pennellata, ma c’è questo quasi elemento gestuale, con l’utilizzo direttamente del tubetto di bianco spremuto sul supporto.
Tecla Azzarone Può essere una domanda banale, ma perché hai scelto di rappresentare il Fungo come simbolo di distruzione? È una domanda banale, ma io vorrei una risposta un poco articolata, un po’ particolare.
Giuseppe Alletto È una buona domanda, è una buona domanda. Beh, diciamo che ritengo che l’esplosione atomica è la cosa più simile all’Apocalisse che si sia vista sulla terra, sempre dal punto di vista della potenza distruttiva. Sì, anche potremmo dire nell’immaginario, c’è anche qualcosa proprio nel funzionamento della bomba, senza entrare peraltro nei particolari macabri: il fatto che, sostanzialmente, è una potenza di fuoco, il fatto che finisce per polverizzare o bruciare tutto ciò che c’è nel raggio di alcuni chilometri, è anche qualcosa di simile all’immagine cristiano-cattolica dell’inferno. E il fatto che da un lato l’esplosione atomica esprima una potenza quasi irreale, d’altra parte il fatto che sia davvero accaduta (come dire, vallo a chiedere ai giapponesi se è stato irreale o meno), questo misto di fantasia sublimata e d’altra parte di realtà storica ho pensato potesse essere la migliore soluzione per dar vita a un emblema della distruzione.
Ecco, poi comunque la domanda è una buona domanda perché c’è anche un altro motivo, effettivamente, per il quale ho scelto il Fungo. Diciamo che il Fungo, a parte l’elemento esplosivo, ha anche proprio una forma molto interessante, perché – magari lo faccio rivedere, in questo caso ha un senso che rivediamo l’immagine – praticamente questo fungo, ad esempio, ha qualcosa di simile ad una colonna, ma ha anche qualcosa di simile a un albero, in particolare a quello che poi venne definito in maniera vile l’albero della cuccagna, ma che in realtà è l’albero cosmico di molti culti norreni, cioè di molti culti nordici pagani.
Cos’era l’albero del mondo per le popolazioni nordiche, gli unni…che so, tutti questi? Era, sostanzialmente il centro del mondo, quindi era un vero e proprio totem.
Ecco, era questo che mi interessava, anche, del Fungo Atomico: il fatto che possa essere considerato una sorta di scultura, una sorta di totem, appunto, al quale chiedere protezione ma anche da temere. Quindi ho riproposto, attraverso la figura del Fungo Atomico, quella che Freud ha individuato come la dinamica tra totem e tabù, dal quale anche uno dei suoi più famosi saggi, che si intitolava, appunto, “Totem e Tabù”: il totem è quella cosa da cui farti proteggere, ma è anche quella cosa che devi temere. Quindi è la figura del padre (tanto per rimandare sempre a Freud), ecc. ecc.
Quindi, in questo caso, e diciamo che in un certo senso anche nella realtà storica, l’esplosione atomica, o la bomba atomica, ha avuto questa funzione di totem e tabù, cioè, in un certo senso, se c’è stato un equilibrio tra le potenze dopo la Seconda Guerra Mondiale, ciò è stato grazie proprio alla presenza di questa arma spaventosa che ha fatto sì che nessuna delle potenze facesse il primo passo, proprio per timore della distruzione totale.
Tecla Azzarone Infatti, Grace, a parte tutto, per ritornare sempre al discorso dell’erotismo, dice che oltre sembrare un totem, una colonna, ecc., può essere anche un simbolo fallico. Tu che dici?
Giuseppe Alletto In realtà questo riferimento c’è anche, perché diciamo che intanto i totem sono quasi sempre dei simboli fallici. Del resto, anche le colonne lo sono, per ovvi motivi. E poi, diciamo che qui c’è anche un riferimento ancora più sottile, che comunque l’ho anche spiegato alla mostra da Weber: il fatto che proprio il fungo nella civiltà antica, come ci dimostra anche la poesia dei cosiddetti “primitivi greci” (poi non ne parliamo nel caso di poeti latini, quindi molto più avanti, come Catullo), in molte poesie – tra l’altro quelle meno lette in classe nei licei – ci sono tantissimi riferimenti ai funghi, o al fungo, come evidente riferimento fallico.
Tecla Azzarone Ok, direi che hai risposto perfettamente alla domanda. Credo che anche Grace sia soddisfatta.
Tecla Azzarone Io intanto ti chiedo un’altra cosa. Proseguiamo con il terzo atto, che è quello un pochettino più immaginario, più metafisico…come possiamo dire?
Innanzitutto, qual è il tema del terzo atto?
Giuseppe Alletto Sì, il terzo atto arriva evidentemente dopo la distruzione, che è l’epilogo del secondo atto. Quindi, diciamo che nel terzo atto io ho tentato, ecco, di immaginare una possibile dimensione post-umana. Chiaramente, è evidente che la missione che ho dato a me stesso non è certamente semplice, cioè immaginare cosa possa esserci in un futuro in cui l’uomo non c’è.
E questa serie di opere parte anche dal presupposto di cercare di non guardare con gli occhi di un umano, ma immaginare qualcosa che diverga dalla nostra percezione. E infatti non è un caso che io sono sostanzialmente un pittore figurativo, e questa è anche una cosa di cui mi vanto, in un certo senso. D’altra parte, però, non potevo rappresentare la dimensione post-umana secondo la figurazione. Quindi nel terzo atto, che è appunto questo in cui rappresento la dimensione oltre-umana, mi sono dato a forme non figurative, che io però chiamo “aniconiche”, quindi oltre l’icona, oltre l’immagine.
E quindi il terzo atto è quello maggiormente caratterizzato dalla presenza di installazioni, anche quello maggiormente giocato su materiali particolari, cioè da lastre di alluminio a strumenti di ostetricia, da lastre in polistirene espanso a elementi in collagene, ecc. ecc.
Quindi, diciamo che il terzo atto è caratterizzato da questo approfondito studio dei materiali e poi anche da alcuni riferimenti alla musica, perché, ecco, nella mia immaginazione ho pensato che dei tentativi di rinascita dopo la dimensione umana possano passare, paradossalmente, dall’elemento più aereo tra quelli dei quali disponiamo, cioè appunto quello musicale, quello dell’armonia, quello del suono. Oltre a, in un certo senso, pagare, come al solito, il mio tributo ai miei progenitori greci perché, come ci insegna Aristotele, ma anche Archimede, ogni cosmogonia (quindi fondata da Kosmòs e Genia), quindi ogni nascita o rinascita di un cosmo, passa attraverso l’armonia, e quindi passa anche attraverso una sorta di visione della musica. Per questo, nel terzo atto ci sono delle opere in cui è come se ho tentato di scrivere della musica.
Ne possiamo vedere una, anche se non si vede molto bene.
Tecla Azzarone Sì, facciamo un esempio e poi dobbiamo iniziare a chiudere.
Giuseppe Alletto Non so cosa si veda.
Tecla Azzarone Sì, abbastanza. Prova a spiegarla.
Giuseppe Alletto Ecco, diciamo che il supporto che ho utilizzato in questo caso è un pannello fonoassorbente, quindi già il materiale stesso gioca con il suono dato che lo assorbe. Quindi il pannello stesso procede alla eliminazione del suono, quindi abbiamo il gioco sul silenzio, che è comunque un gioco musicale. Lo stesso Barenboim, un grande teorico e anche direttore d’orchestra, ha scritto un intero volume sul valore del silenzio in musica.
E poi diciamo che su questo pannello fonoassorbente ho tentato di, per così dire, scrivere della musica attraverso chiodi e altri elementi metallici che potete vedere.
Tecla Azzarone Prova a spostarlo verso destra. Ci sono. Ecco, adesso si vedono.
Giuseppe Alletto In particolare, quell’elemento metallico a “S” (diciamo così), che non è altro che un gancio da macelleria, diciamo che è una sorta di visione di chiave di violino che apre una possibile partitura del futuro, caratterizzata, poi, da questi chiodi, a uno a uno, che segnano la musica. Del resto, la musica, fino al Rinascimento, non era segnata su cinque linee sullo spartito, ma era segnata su un’unica linea, come ci ricordano i canti gregoriani, quindi in questo caso questi punti che ho creato con i chiodi valgono come neumi. I neumi erano gli elementi fondamentali della scrittura musicale prima del Rinascimento.
Tecla Azzarone Se non ci sono altre domande…intanto io invito sempre a fare delle domande.
Comunque sei stato chiarissimo!
Giuseppe Alletto Beh, ti ringrazio. Molti che hanno partecipato qui non sono italiani perché in molti sono alcune persone che conosco, quindi mi avranno fatto questo regalo di guardare la diretta ma evidentemente non avranno capito molto.
Tecla Azzarone Un giorno faremo una diretta in inglese anche per loro, non ti devi preoccupare.
Volevi aggiungere un’ultima cosa sull’ultima opera che hai mostrato?
Giuseppe Alletto No, sull’ultima opera…
Tecla Azzarone O vuoi ricordare innanzitutto i tuoi contatti, tanto li segnerò sotto il tuo video, il tuo profilo Instagram. Ricorda magari il tuo sito internet, se qualcuno vuole andarlo a visitare.
Giuseppe Alletto Sì, intanto in realtà è il primo risultato se scrivete “Giuseppe Alletto”. Quindi, se scrivete “Giuseppe Alletto” su Google, insomma, lo trovate. Però, il nome del sito è www.giuseppeallettoitalianartist.com. Vi invito a guardare direttamente la pagina Instagram, in cui ci sono anche più opere, da un certo punto di vista.
Tecla Azzarone C’è Guarda Firenze e Corrado Zani che trovano tutto molto interessante, quindi è piaciuta molto questa diretta.
Giuseppe Alletto Li ringrazio!
Tecla Azzarone Bene, innanzitutto ti invito, poi, quando farai le tue esposizioni sia in Italia che all’estero, che per via del lockdown sono state rimandate, di fare magari una diretta molto carina dove riprendiamo in galleria le opere, così si rendono conto di quanto sono belle, perché capisco che da catalogo non possano dare lo stesso effetto, perché alcune sono anche molto grandi, sono importanti anche all’interno di un ambiente. Quindi, se hai voglia, un giorno faremo anche delle dirette dove faremo una sorta di tour in galleria con le tue opere esposte, se sei d’accordo.
Giuseppe Alletto Questo assolutamente. Poi magari nella prossima diretta affrontiamo temi un po’ diversi, poi sì, in loco sarà meglio per far vedere le opere in maniera più sistemata, diciamo così.
Tecla Azzarone Anche Luca Crivello ti fa i suoi complimenti.
Giuseppe Alletto Sì, salutiamo Luca. Ne approfitto anche per salutare un mio amico caro, che è [49:09 incomprensibile] e, naturalmente, un saluto anche ai miei immancabili genitori.
Tecla Azzarone Perfetto! Anche Chiara Bignardi ti saluta e dice che è molto interessante e così anche Giorgio.
Ti saluto anche io, tanto noi ci aggiorniamo presto con le tue prossime mostre.
Giuseppe Alletto Facciamo così.
Tecla Azzarone Ci rivedremo. Conto di rivederti presto.
Giuseppe Alletto I prossimi impegni già fissati sono, per quanto riguarda l’Italia, a dicembre ci sarà una personale a Firenze nella galleria La Fonderia e poi in primavera dell’anno prossimo ormai (perché è stata rimandata) la personale a Milano. E poi, sempre in pieno inverno, ci dovrebbe essere la personale a Barcellona.
Tecla Azzarone Perfetto! Allora io ti saluto, Giuseppe. Ci sentiamo presto. Ti mando un bacio. Ciao!
Giuseppe Alletto Ok, grazie a tutti. Ciao!
Tecla Azzarone Ciao ciao!